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la porta discosta

La porta discosta

 Una porta discosta evoca uno sguardo obliquo, uno star sull'uscio ad osservare senza essere visti. Per me è una forma di dissidenza, un modo per affermare un pensiero contrario alla corrente dominante, al tempo stesso debole e strutturato. Sono finalmente persuaso del fatto che la vetta più alta mai raggiunta dalla tecné corrisponda al momento di massimo conformismo del consorzio umano. La capacità critica dell'Homo Aeuropaeus è "merce" rara in questi tempi di libero mercato in libero Stato. Nel periodo di lunga assenza di normalità, a causa del Covid, sono emersi una serie di comportamenti ricorrenti nella maggioranza delle persone tali da ridefinire il concetto di normalità, che è migrato verso nuovi lidi, tutt'altro che praticabili e che mette in luce per l'ennesima volta le molteplici falle di una società che ha rinnegato il proprio passato, a tratti lo ha anche riscritto, pur di non cercare (non ho detto ottenere!) la Verità. Ebbene non si può più tacere

Una goccia di splendore

 Fabrizio De André nel testo dell'impareggiabile "Smisurata Preghiera" parlando  "per chi viaggia in direzione ostinata e contraria,  col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti..." inserisce i versi felicissimi, certamente meditati, sedimentati nell'anima:  "...muove gli ultimi passi  per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità" Non mi è mai piaciuto scrivere in memoria di una persona appena morta. Ho sempre preferito ricordarla a distanza, scriverne dopo tanto tempo affinché la si ricordi di nuovo proprio quando la si era appena dimenticata. Questa è per me l'eccezione che conferma la regola. Le mie parole sono tutte per la sorella di mio padre: zia Dorotea. Lei certamente non ha bisogno dei  miei elogi, per questo c'è già la sua abbondante discendenza (cinque figli, quattordici nipoti, già sette pronipoti) ma sono io ad avere il bisogno, adesso irrefrenabile, di renderle il m

Una giornata di gioia annunciata

 Ognuno di noi, in maniera più o meno consapevole, aderisce ad un modello interiore che è frutto di una serie di mediazioni tra il mondo esterno e quello interiore.  Ognuno di noi tiene per sé, ovvero ancor meglio mette da parte per la costruzione dell'adulto che sarà, tutto quello che di più lo fa vibrare dentro. Il problema è che queste vibrazioni cambiano con il tempo e quindi la ricerca non finisce mai, non esiste mai la versione definitiva di noi stessi (per fortuna). Se fossi un informatico direi che la nostra personalità fa continui upgrade, cerca sempre di migliorarsi. Anche chi ha trovato una propria stabilità e smette di cercare, in realtà lascia agire un modello finché funziona: questa è la famosa comfort zone. Ma noi chi siamo veramente? Pirandello direbbe uno, nessuno e centomila, Shakespeare direbbe che noi siamo sempre stati le persone complesse che siamo diventate. Io propendo molto per la visione di Shakespeare perché questo mi scrolla di dosso l'idea che quand

Esiste un mondo

 Esiste un mondo che tutti abbiamo frequentato prima di nascere, del quale abbiamo smarrito ogni ricordo. In quel mondo (che tutti abbiamo chiamato "l'altro mondo" per distinguerlo da "questo mondo") ritorniamo alla fine della vita fisica, ma arricchiti dalle cose che abbiamo fatto nel mondo terreno e che ci hanno reso un po' diversi da quelli che eravamo prima di nascere.  Ebbene a "l'altro mondo", prima di nascere, abbiamo amicizie esattamente come in questo mondo, solo che essendo un mondo senza tempo i nostri amici possono incarnarsi anche un millennio prima o un millennio dopo di noi. Ad esempio io tra i miei amici de "l'altro mondo" vado molto d'accordo con Manio, un'anima che ha avuto il compito di incarnarsi nel terzo secolo avanti Cristo nei pressi dell'attuale Roccamonfina in provincia di Caserta; rido a crepapelle con Lingo che ancora non si incarna e che dovrebbe essere chiamato alla fine del ventiduesimo s

Liceo del Made in Italy: si può fare?

  Una delle faccende che più mi tiene avvinto dalla scorsa primavera è la decisione del Governo attuale di istituire il Liceo del Made in Italy. Questa scelta è stata posta alla mia attenzione in quanto una parte del disegno di Legge prevede che il Liceo Economico Sociale (per brevità in futuro LES) dove ho il piacere di insegnare, venga inglobato in questa nuova e (mi si permetta l’eufemismo) curiosa aggregazione. Qualche malevolo starà già pensando: - ecco l’ennesimo prof a cui hanno sottratto l’osso di bocca che pontifica sui mali della scuola odierna. Ebbene non sono ascrivibile a questa categoria, perché la mia condizione di insegnante di lettere rimarrebbe immutata. Se anche io fossi toccato da questa riforma, non mi sognerei mai di schierarmi per difendere semplicemente la cattedra che occupo. Infatti sono approdato nel mondo dell’insegnamento dopo aver passato dodici anni, con alterne fortune, nel mondo delle aziende italiane ed ho riflettuto sinceramente su natura, svilu